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L’inflazione influenza la salute delle persone: spunti dalla letteratura

L’inflazione può incidere negativamente e in vari modi sulla salute di società e individui. Comprendere e agire per mitigare gli effetti dell’inflazione sulla salute sono questioni di rilevanza contemporanea. Uno studio recente affronta il problema.

La relazione tra condizioni socioeconomiche e salute è nota e studiata in modo approfondito: non casualmente si parla di determinanti socioeconomici di salute. 

Tuttavia non sono solo le condizioni sociali ed economiche di livello personale ma anche le più estese circostanze macroeconomiche ad influire sulla salute: ne è un esempio l’inflazione. Definita come l’aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti, ecc.) e dei servizi (un taglio di capelli, un biglietto del treno, ecc.), l’inflazione può potenzialmente avere effetti di vasta portata. L’aumento dei prezzi diminuisce la quantità di beni o servizi che possiamo acquistare con i nostri soldi, viene eroso il potere di acquisto della moneta, il suo valore reale.  

L’inflazione bassa, stabile e prevedibile è indicatore di un’economia in salute, mentre tassi di inflazione persistentemente elevati, come quelli registrati in America Latina durante gli anni ’80, o picchi di inflazione inattesi, come quelli osservati all’indomani della pandemia di Covid-19 e nel contesto della crisi energetica del 2022, pongono molte sfide.

L’inflazione persistentemente elevata, rende più difficili le decisioni di consumo e investimento di famiglie e imprese, colpisce i risparmi accumulati nel tempo: con i nostri soldi potremo acquistare una quantità minore di beni e servizi. Anche i redditi, se non crescono come l’inflazione, avranno un valore reale minore, i benefici derivanti dal detenere liquidità svaniscono e il funzionamento dell’economia diventa meno efficiente, riducendo così la crescita e rendendo le economie più povere. Ma nel contesto di bassa inflazione osservato nella maggior parte delle economie sviluppate a partire dagli anni ’90, è l’aumento inaspettato dei tassi ad avere effetti negativi.

In ogni caso l’inflazione agisce come un aumento delle tasse: diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie, rende i beni essenziali, come cibo e farmaci, meno accessibili e suscita una serie di problemi legati alla salute.

Le politiche messe in atto per contrastare l’inflazione, come un inasprimento della politica monetaria, fanno entrare l’economia di un paese in recessione. La recessione a sua volta aumenta la disoccupazione, fattore scatenante problemi di salute, mette a dura prova le finanze pubbliche e potenzialmente si traduce in una riduzione degli stanziamenti fiscali per le infrastrutture sanitarie, la ricerca medica e le iniziative di sanità pubblica. La riduzione del bilancio può, a sua volta, ostacolare l’accessibilità e la qualità dei servizi sanitari, influenzando indirettamente la salute della popolazione.

Le tensioni economiche e le conseguenti incertezze finanziarie a livello individuale possono causare stress e problemi di salute mentale e promuovere comportamenti a rischio, come un aumento del consumo di tabacco o alcol. Allo stesso tempo, l’inflazione può ridurre il livello di istruzione e la coesione sociale, tutti determinanti consolidati della salute e del benessere.

Inoltre l’inflazione può anche accentuare le disuguaglianze socioeconomiche. Con l’aumento del costo della vita, le popolazioni vulnerabili potrebbero ritrovarsi colpite in modo sproporzionato, intensificando le disparità di salute già esistenti.

Sebbene la ricerca scientifica abbia già studiato le implicazioni sulla salute di alcuni fattori economici – la disoccupazione e la disuguaglianza di reddito – il nesso tra inflazione e salute – in particolare i suoi effetti sugli esiti di salute e sui fattori di rischio – rimane relativamente inesplorato. La revisione Movsisyan pubblicata nel 2024 su Lancet Global Health intende colmare questa lacuna, definendo una panoramica completa delle prove scientifiche esistenti sulla relazione tra inflazione e salute, inclusi i fattori di rischio legati alla salute.


Una revisione globale su inflazione e salute

Data la natura complessa e sfaccettata dell’argomento, è stato adottato come disegno di studio la scoping review, per mappare la letteratura scientifica sul tema, valutandone il volume, la natura, le caratteristiche, il tipo di evidenze disponibili, i concetti chiave e le eventuali lacune.

Per delimitare l’ambito della revisione, è stato sviluppato un modello logico che tratteggia i potenziali percorsi che collegano inflazione e salute ( figura 1 ), prendendo in esame i determinanti upstream (condizioni socioeconomiche, culturali e ambientali più ampie che influenzano indirettamente i risultati sanitari, ad esempio, occupazione e reddito familiare) e downstream (fattori più immediati che hanno un impatto diretto sulla salute; ad esempio, fattori di rischio e servizi sanitari).

Sulla base del modello logico sono stati inclusi studi che

· esploravano l’inflazione che ha colpito l’economia, sia come evento economico isolato sia insieme ad altri fattori economici, indipendentemente dal livello, dalla causa e dalla durata

· esaminavano la relazione tra l’inflazione e uno qualsiasi dei seguenti determinanti downstream: fattori di rischio come l’uso di sostanze (ad esempio tabacco e alcol), attività fisica, dieta e nutrizione, inquinamento ambientale, stress e violenza.

· esaminavano la relazione tra inflazione e esiti di salute: aspettativa di vita e mortalità complessiva e per causa specifica, morbilità e benessere associati a specifiche malattie non infettive o infettive, benessere e soddisfazione soggettivi, salute mentale e funzionamento psicosociale, salute riproduttiva, comportamento suicidario e lesioni.

Non ci sono restrizioni rispetto a gruppi di popolazione o paesi. Per quel che concerne il disegno di studio è stato incluso qualsiasi studio empirico (quantitativo, qualitativo o con metodi misti) o non empirico (editoriali e articoli di opinione) pubblicato dal 1980 in poi su riviste peer-reviewed in inglese, tedesco, russo, francese, spagnolo e Italiano.

Sono stati esclusi gli articoli scientifici che si concentravano esclusivamente sull’inflazione di beni specifici (ad esempio, l’inflazione alimentare), si occupavano di altri eventi economici (ad esempio, la recessione), senza esaminare distintamente l’effetto dell’inflazione, o esploravano la relazione dell’inflazione esclusivamente con i determinanti upstream. Per questioni di fattibilità è stata esclusa l’ampia letteratura riguardante la disponibilità, la funzionalità, i costi o l’uso dei servizi sanitari, la letteratura grigia, compresi libri, tesi, rapporti governativi o non governativi e post sui social.


Risultati

Dalla ricerca svolta su numerose banche dati di discipline varie – biomediche, psicologiche e sociali, economiche – sono stati identificati 8923 studi, che dopo un progressivo processo di selezione si sono ridotti a 81, inclusi infine nella revisione. Le caratteristiche di ciascuno studio incluso sono descritte nell’appendice della revisione citata in bibliografia (pp 6–16).

La maggior parte degli articoli inclusi (66) erano studi empirici quantitativi che utilizzavano principalmente dati provenienti da banche dati e indagini nazionali o internazionali (ad esempio, indagine della Banca Mondiale e dell’Eurobarometro), per esaminare il legame tra inflazione e fattori di rischio, esiti di salute o entrambi, spesso in più paesi. Un singolo studio ha adottato un metodo di ricerca qualitativo, utilizzando focus group e interviste semi-strutturate, per esplorare l’effetto della svalutazione monetaria sui cambiamenti nella dieta delle famiglie e sulla fragilità nutrizionale in Congo (Brazzaville) e Senegal. Due studi ricorrono a metodi misti: uno, a interviste semi-strutturate e processi decisionali, per valutare l’influenza dei fattori macroeconomici sulle disuguaglianze sociali e di salute in Iran. L’altro ha esaminato i cambiamenti nell’alimentazione infantile utilizzando metodi quantitativi in ​​Congo (Brazzaville) e metodi qualitativi in ​​Senegal.

Infine 12 sono studi definiti di prospettiva, in quanto esprimono un punto di vista rispetto alla relazione tra inflazione e fattori di rischio, esiti di salute o entrambi. Nonostante l’intenzione iniziale della revisione Movsisyan di includere nella mappatura tutti gli studi selezionati, i 12 studi di prospettiva sono stati poi esclusi dall’analisi, sebbene una loro descrizione sia disponibile in appendice alla revisione. (pp 15–16).


Caratteristiche degli studi inclusi

La maggior parte degli studi sono stati pubblicati su riviste di economia, finanza e marketing (32) e salute (24), sette studi in riviste interdisciplinari. Meno frequenti sono stati gli studi pubblicati in riviste a tema ambientale (3) e sociale (3). Degli studi inclusi, 11 provenivano da paesi a basso e medio reddito, 12 da paesi a reddito medio-alto, 21 da paesi ad alto reddito, mentre 26 studi hanno ricavato dati da molti paesi con diversi livelli di reddito. Uno studio risale addirittura al 1981, ma la maggior parte sono stati pubblicati negli anni 2000. Infine, il 48% degli studi riporta dati relativi al genere e il 41% tiene conto dell’età.

Gli studi inclusi offrono dati a livello mondiale, comprendendo quasi tutti i paesi. Facendo riferimento alle regioni dell’OMS, 23 studi riguardano la regione europea, di cui 11 hanno indagato su più paesi. Le Americhe sono rappresentate in 8 studi e 4 hanno indagato contemporaneamente su diversi paesi dell’America Latina. La regione africana è stata oggetto di 8 studi, uno dei quali ha raccolto dati provenienti da 48 paesi dell’Africa sub-sahariana. La regione del Pacifico occidentale è stata al centro di 9 studi di cui quattro sulla Cina, la regione del Mediterraneo orientale è stata presa in esame in 5 studi, e la regione del Sud-Est asiatico in soli 2. Infine, 14 studi erano multiregionali, coprendo da 2 a 127 paesi. Di questi studi multiregionali, 2  hanno esaminato i paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE)

L’inflazione era comunemente definita come un aumento generale dei prezzi al consumo ed era quantificata prevalentemente considerando le variazioni annuali dell’indice dei prezzi al consumo, anche se alcuni studi hanno utilizzato altri metodi e 13 studi non hanno specificato i metodi.

In genere gli studi si concentravano sugli effetti sulla salute e sul benessere di una serie più ampia di indicatori macroeconomici, considerando l’inflazione come una delle variabili prese in esame. Tra gli studi inclusi, tre hanno studiato specificamente gli effetti della svalutazione monetaria, di cui l’inflazione è un fattore implicito.

I contesti e le cause dell’inflazione, negli studi inclusi, erano quanto mai vari. Sono stati citati ripetutamente diversi eventi macroeconomici su larga scala: dalla crisi del debito estero dei primi anni ’80 in America Latina e nei Caraibi – il decennio perduto – alla transizione socioeconomica avvenuta in Russia e negli stati ex URSS, negli anni ’90, alla crisi economica globale del 2008 legata ai mutui subprime. L’iperinflazione raramente è stata al centro dell’attenzione negli studi esaminati, anche se casi specifici includevano i contrasti economici di Israele dopo la guerra arabo-israeliana del 1973, nota come guerra del Kippur, la transizione socioeconomica della Russia negli anni ’90, la guerra cronica in Libano negli anni ’80 e ’90, e le difficoltà economiche dell’Argentina a partire dagli anni ’80.


Inflazione e fattori di rischio per la salute

Sono 19 gli studi che hanno esaminato le possibili relazioni tra inflazione e fattori di rischio legati alla salute e 9 studi hanno esaminato la relazione tra inflazione e dieta e nutrizione.

La maggior parte di questi studi si è concentrata sulle transizioni economiche avvenute durante gli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 che hanno coinvolto i paesi dell’Africa, del  Mediterraneo orientale e dell’Europa: in particolare la svalutazione del 50% del franco della Communauté Financière Africaine nel 1994, che ha colpito profondamente le economie dei paesi membri della Comunità Finanziaria Africana, la trasformazione delle economie nei paesi post-sovietici,  da sistemi pianificati centralmente ad economie orientate al mercato, le condizioni del conflitto in Libano. Solo uno studio si è esteso agli anni 2010, concentrandosi in particolare sull’India nel 2013, anno caratterizzato da un tasso di inflazione record pari al 7%.

L’inflazione incide negativamente sulla dieta e sulla nutrizione, attraverso l’aumento dei prezzi. Nello specifico, l’inflazione è stata associata ad una riduzione della spesa alimentare, l’acquisto di alimenti di qualità inferiore e i cambiamenti nella preparazione e nel consumo degli alimenti: diminuzione della quantità di grassi e verdure nei pasti, calo del numero di pasti giornalieri, drastica riduzione delle occasioni di mangiare fuori casa.

Gli studi suggeriscono che le famiglie economicamente svantaggiate potrebbero essere maggiormente colpite da questi cambiamenti.  Ad esempio, lo studio di Joshi e Gandotra incentrato sulle famiglie indiane delle aree urbane che hanno dovuto affrontare l’aumento dei prezzi dal 1995-96 al 1999-2000, evidenzia impatti differenziali su vari gruppi di reddito, a causa delle diverse possibilità di consumo e dei modelli di spesa. Uno dei meccanismi di coping utilizzati dalle famiglie prevedeva di ridurre il consumo di articoli specifici come il burro chiarificato e l’olio, scelta adottata maggiormente dalle famiglie a reddito basso o medio-basso (88% e 71%, rispettivamente) rispetto alle famiglie a reddito medio e medio-alto (rispettivamente 55% e 65%). Studi condotti nell’Africa subsahariana e Libano hanno inoltre dimostrato che una conseguenza dell’inflazione nei bambini potrebbe essere l’elevato rischio di malnutrizione e di problemi nella crescita fisica. In Congo (Brazzaville), è diminuito l’uso di alimenti per lattanti a base di farina di importazione, sostituito da prodotti locali di inferiore valore nutrizionale. La svalutazione invece non ha inciso sull’allattamento al seno in Congo (Brazzaville) e in Senegal.

Per quel che concerne la relazione tra inflazione e consumo di alcol una ricerca svolta nel Regno Unito (Kitchin 1983), suggerisce che movimenti dell’inflazione verso l’alto o il basso potrebbero essere associati ad un aumento del consumo. Per il tabacco al contrario, sebbene i prezzi abbiano influenzato la decisione di iniziare a fumare, il rischio di iniziare a fumare è rimasto costante nei periodi di iperinflazione: lo rivela uno studio condotto in Argentina negli anni 2005-2011 (Guindon 2018).

Due studi hanno esaminato la relazione tra inflazione e stress e i risultati suggeriscono che l’inflazione potrebbe avere un effetto negativo sullo stress.  Nel primo studio (Epstein 1982), dal taglio psicologico-sociale, sono state effettuate interviste individuali a vasti campioni di popolazione americana e israeliana:  è emerso che  il livello di stress è più correlato alla minaccia di inflazione percepita a livello soggettivo che al reddito familiare effettivo e che è la minaccia percepita e lo stress che ne consegue più che il reddito ad influenzare i comportamenti economici  e a suggerire i cambiamenti (acquisti, attività ricreative …).  Il secondo studio, indagine del 2001 condotta su 255 famiglie in India, evidenzia che lo stress mentale dovuto a un aumento generale dei prezzi, è molto più alto nelle famiglie di reddito medio basso.

Nel caso del rapporto tra inflazione e violenza, uno studio realizzato in Malesia ha preso in esame i casi di abuso sui minori nel periodo 1989-2019 e ha dimostrato che l’inflazione ha avuto effetti benefici sui tassi di abuso. Qual è la spiegazione? L’inflazione aumenta il costo della vita e contemporaneamente aumenta la spesa pubblica per gli interventi di protezione verso i bambini vittime di abuso. La soluzione per ridurre i costi è stata perciò da parte del governo l’adozione di misure per ridurre gli abusi sui minori.

Per quel che concerne l’ambiente le fluttuazioni dell’inflazione potrebbero incidere sulla qualità dell’aria: un’inattesa riduzione dell’inflazione e perciò dei prezzi potrebbe aumentare le emissioni di CO2 e N2O, mentre l’aumento imprevisto dei tassi non avrebbe effetti duraturi su tali emissioni.


Inflazione ed esiti di salute

Sono 55 gli studi dedicati alla relazione tra inflazione e esiti di salute, di cui 10 tra inflazione e speranza di vita. La maggior parte di questi studi ha abbracciato periodi di tempo dagli anni ’80 fino agli anni 2010. Numerosi studi considerano i dati provenienti da più paesi e indicano una relazione inversa tra inflazione e speranza di vita, vale a dire che aumenta l’inflazione e diminuisce la speranza di vita, anche se uno studio che considera i dati di 65 paesi del 2000 al 2014 suggerisce che questa relazione potrebbe valere solo per i maschi dei paesi poveri, con la speranza di vita più bassa. Uno studio ha esaminato i dati dal 1800 al 1998 in Svezia, offrendo approfondimenti di grande interesse storico sulle tendenze a lungo termine rispetto ad aspettativa di vita e mortalità.

La relazione tra inflazione e mortalità è stata oggetto di 11 studi, che includevano misure di mortalità per tutte le cause, ma anche di mortalità materna e infantile: l’inflazione è stata comunemente associata ad aumenti dei tassi di mortalità, soprattutto nel breve termine. I paesi a basso reddito e le popolazioni maschili potrebbero essere maggiormente colpite dall’inflazione, in termini di mortalità. Uno studio ecologico che ha raccolto dati da 21 paesi dell’America Latina tra il 1981 e il 2010 ha scoperto che l’inflazione era associata a un peggioramento dei tassi di mortalità infantile e adulta e il maggiore peggioramento riguardava i maschi adulti. Solo 1 studio si è concentrato sulla mortalità per causa specifica, vale a dire la mortalità dovuta alla tubercolosi.

Il benessere soggettivo e la soddisfazione sono stati gli esiti riportati più frequentemente, esaminati in 21 studi, di cui molti estesi a periodi di tempo di più decenni, vaste aree geografiche e un ampio spettro di contesti economici. Il benessere e la soddisfazione sono stati valutati attraverso varie scale che misurano benessere soggettivo, soddisfazione della vita, e sentimenti di felicità nel quadro riferito all’economia della felicità. L’inflazione ha avuto un effetto negativo sul benessere soggettivo, mentre un numero limitato di studi ha suggerito che le famiglie con redditi più bassi potrebbero essere colpite in modo più duro. Nessuno studio ha esaminato gli effetti a lungo termine.

Sono invece 7 gli studi estesi a più paesi e decenni che hanno considerato il comportamento suicidario e la sua relazione con l’inflazione, indicando che potenzialmente l’inflazione aumenta il comportamento suicidario e l’effetto sembrava essere più pronunciato in alcuni gruppi sociodemografici, in particolare negli uomini, in chi è privo di occupazione ed è di età superiore ai 40 anni. Lo studio di Solano e colleghi ha esaminato come in Italia nel periodo 2001-2008, l’inflazione abbia influenzato i comportamenti suicidari secondo la posizione lavorativa. Lo studio ha rilevato un’associazione positiva tra inflazione e tentativi di suicidio, in particolare tra gli individui al momento privi di occupazione e che avevano lavorato in precedenza, sebbene tale associazione non sia stata osservata per coloro che erano morti per suicidio.

Solo 2 studi hanno studiato la relazione tra inflazione e salute mentale e suggeriscono un effetto negativo sulla salute mentale. Nello specifico, uno studio retrospettivo a livello nazionale condotto a Taiwan dal 2000 al 2013, con lo scopo di comprendere le ripercussioni della crisi economica globale del 2008, ha suggerito che l’inflazione potrebbe esacerbare il rischio di depressione postpartum. Invece uno studio che ha esaminato il benessere degli immigrati australiani dal 2001 al 2014 ha rilevato che l’inflazione nei paesi di provenienza potrebbe avere un’influenza negativa sulla salute mentale degli immigrati. Tuttavia, questo effetto sembrava diminuire con l’aumentare del tempo trascorso dal periodo dell’emigrazione.

La salute riproduttiva è stata centrale in 3 studi e due di questi hanno indicato una potenziale correlazione negativa tra inflazione e tassi di fertilità, mentre uno studio che ha esaminato i tassi di vasectomie negli Stati Uniti dal 2001 al 2011 non ha rilevato alcun legame evidente con l’inflazione.


Il quadro complessivo e le lacune della letteratura

La revisione Movsisyan offre una panoramica approfondita degli studi empirici che esaminano la relazione tra inflazione e salute, in diversi contesti geografici ed economici e orizzonti temporali, anche se gran parte degli studi si colloca dalla metà degli anni 2000 in poi, sottolineando la rilevanza contemporanea del problema. Per quanto è noto rappresenta il primo tentativo di tracciare una mappa completa ed esaustiva della letteratura esistente su questo argomento di grande attualità.  

Gli studi selezionati e presi in esame hanno indagato un’ampia gamma di esiti di salute e di fattori di rischio legati alla salute in rapporto a più alti tassi di inflazione: il quadro complessivo indica un effetto prevalentemente dannoso dell’inflazione sia sui fattori di rischio che sugli esiti di salute, mentre i gruppi socioeconomici più svantaggiati e le famiglie a basso reddito potrebbero sostenere un onere sproporzionato, a causa della limitatezza delle risorse a disposizione per affrontare i momenti di difficoltà economica.

Inoltre emerge una differenza di genere: gli uomini sono i più colpiti, per esempio rispetto ai comportamenti suicidari.  Ciò è in linea con la letteratura esistente secondo cui gli uomini si rivelano maggiormente sensibili alle avversità finanziarie o agli sconvolgimenti economici e politici. Ad esempio, gli studi relativi alla Grande Recessione mostrano un marcato aumento dei problemi di salute mentale tra gli uomini rispetto alle donne.

 La revisione esplorativa mette in luce anche le lacune della letteratura esistente su inflazione e salute, evidenziando le aree a cui indirizzare in futuro la ricerca:

la predominanza di studi quantitativi, che utilizzano innanzitutto dati provenienti da ampie indagini raccolte per uno scopo diverso, sottolinea l’assenza di ricerca qualitativa, un’opportunità mancata, che consentirebbe di comprendere meglio le esperienze e le narrazioni personali che illustrano gli effetti dell’inflazione sulla propria salute

· emerge una disparità dal punto di vista geografico: sebbene siano rappresentati quasi tutti i paesi, il numero più importante di studi riguarda i paesi europei ad alto reddito, restano poco esplorate le regioni del Mediterraneo orientale e del Sud-est asiatico

· dal punto di vista disciplinare, prevalgono gli ambiti economico e sanitario, con una disattenzione agli approcci interdisciplinari che potrebbero facilitare la comprensione degli effetti poliedrici e complessi dell’inflazione. La ricerca futura potrebbe avvantaggiarsi delle prospettive della sociologia, della psicologia e degli studi ambientali, per orientare una visione olistica.

· la maggioranza di studi si indirizza agli esiti di salute e un numero considerevole si è concentrato sul benessere e sulla soddisfazione a livello soggettivo, che informano sugli aspetti della percezione della salute individuale: è necessario perciò che la ricerca si estenda a parametri sanitari oggettivi

· non sono stati individuati studi sulle malattie non infettive e infettive

· manca un esame coerente degli effetti dell’inflazione in base alla provenienza etnica e a altri dati di tipo demografico, per quanto i contesti culturali e socioeconomici possano influenzare le risposte individuali ai fattori di stress finanziario.

· scarsità di studi focalizzati sui più recenti eventi globali, come la pandemia di COVID-19 e la guerra in Ucraina. A questi eventi si allude in alcuni dei documenti prospettici identificati, ma i loro concreti sviluppi rimangono in gran parte inesplorati. Tuttavia gli studi inclusi nella revisione si estendono fino all’inizio del 2023, mentre i numerosi accadimenti mondiali di varia natura che si succedono nel mondo, con le loro implicazioni per economia e salute, rendono il panorama della ricerca mutevole e in continua evoluzione. A titolo illustrativo, uno studio del 2023 successivo alla revisione, ha analizzato la relazione tra il disagio indotto dall’inflazione negli Stati Uniti e le potenziali disparità di genere. Allo stesso modo, in Inghilterra lo studio di Broadbent e colleghi ha ipotizzato l’effetto che l’aumento del costo della vita nel Regno Unito, e in particolare l’impennata dei prezzi dell’energia, potrebbe avere sulla povertà e sulla salute mentale, costruendo vari scenari politici.

· sono auspicabili studi che traccino in modo longitudinale gli effetti dell’inflazione seguendoli negli anni, per orientare le opportune decisioni politiche che possono mitigare gli esiti avversi.

Il punto di forza di questa scoping review è la numerosità degli studi inclusi, provenienti da molteplici discipline, selezionati con una strategia di ricerca sistematica già definita da un protocollo registrato. Alcuni limiti derivano innanzitutto dalla vastità e dalla pluralità del tema: predominanza di studi pubblicati in lingua inglese ed esclusione della letteratura grigia, assenza di una valutazione di qualità degli studi inclusi, per la natura stessa della scoping review  che traccia una panoramica rispetto ad un argomento e ne illustra elementi di forza e lacune, senza prevedere aspetti valutativi. Perciò, per una valutazione rigorosa ed una sintesi delle prove scientifiche è necessaria una revisione sistematica  che potrebbe anche esaminare in dettaglio, negli studi inclusi, il tipo di inflazione, se si tratta di  situazioni con tassi di inflazione persistentemente elevati, o invece situazioni con episodi transitori  di alti tassi di inflazione. Infine questa revisione ha indirizzato la sua attenzione agli esiti di salute e ai fattori di rischio, senza approfondire i determinanti upstream o le implicazioni per i servizi sanitari, che renderebbero il quadro concettuale sul rapporto inflazione e salute ancora più esaustivo. Tuttavia la letteratura sul tema è talmente ampia che una sola revisione non è sufficiente ad esaurirla.

Riferimenti bibliografici

Movsisyan A, Wendel F, Bethel A, et al. Inflation and health: a global scoping review. Lancet Glob Health 2024; 12: e1038–48. https://doi.org/10.1016/S2214-109X(24)00133-5

Supplement to: Movsisyan  A, Wendel  F, Bethel  A, et al. Inflation and health: a global scoping review. Lancet Glob Health 2024; 12: e1038–48.

Per gli altri riferimenti ad articoli citati nel testo si rinvia alla bibliografia dell’articolo originale.

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