Nel dibattito sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, un’idea ricorrente è che “più controlli equivalgano a più sicurezza”. Ma è davvero così? Un recente studio pubblicato sulla rivista Prevenzione in Corso mette sotto la lente di ingrandimento proprio questo tema, ponendosi una domanda molto concreta: se un sopralluogo ispettivo fosse avvenuto il giorno prima dell’infortunio, avrebbe potuto evitarlo?
La ricerca, condotta in Piemonte su 768 casi di infortunio mortale avvenuti tra il 2002 e il 2022, prova a dare una risposta attraverso un’analisi dettagliata e inedita. Gli autori hanno costruito una serie di criteri per valutare la “prevenibilità” dell’incidente, classificando i casi come probabilmente prevenibili, probabilmente non prevenibili o dubbiosi. Hanno inoltre intervistato direttamente alcuni ispettori esperti per capire se questi criteri fossero realistici e applicabili nella pratica.
Ricordo bene nel lontano 2011, quando ho letto per la prima volta il rapporto sulla ricostruzione degli infortuni mortali in Regione Piemonte grazie ai colleghi del Servizio di Epidemiologia e dell’ASL AL che curano il Sistema di sorveglianza sugli infortuni mortali Piemontesi (disponibile sul nostro sito a questo indirizzo. Sono rimasto colpito dal rapporto, perché già con i dati a disposizione allora, era possibile vedere che la “prevenibilità” degli infortuni analizzati metteva in risalto alcuni dati molto interessanti, oggi validati da questo studio.
I risultati? Sorprendenti, ma realistici.
In media, solo il 45% degli infortuni mortali è stato ritenuto “probabilmente prevenibile” con un’ispezione il giorno precedente. Il 50% era invece difficilmente evitabile, e un piccolo 5% non aveva abbastanza informazioni per essere classificato. Alcuni settori, come l’agricoltura, presentano una percentuale ancora più bassa di prevenibilità (solo il 32%). Qui, la brevità delle lavorazioni e la resistenza culturale al cambiamento rendono le ispezioni molto meno efficaci. Anche nel settore manifatturiero – dove ci si aspetterebbe maggiore prevedibilità e stabilità – gli incidenti ritenuti non prevenibili sono la metà del totale. Questo sfida la convinzione comune secondo cui ambienti più organizzati siano anche più facilmente “ispezionabili”. In media, solo il 45% degli infortuni mortali è stato ritenuto “probabilmente prevenibile” con un’ispezione il giorno precedente. Il 50% era invece difficilmente evitabile, e un piccolo 5% non aveva abbastanza informazioni per essere classificato. Alcuni settori, come l’agricoltura, presentano una percentuale ancora più bassa di prevenibilità (solo il 32%). Qui, la brevità delle lavorazioni e la resistenza culturale al cambiamento rendono le ispezioni molto meno efficaci. Anche nel settore manifatturiero – dove ci si aspetterebbe maggiore prevedibilità e stabilità – gli incidenti ritenuti non prevenibili sono la metà del totale. Questo sfida la convinzione comune secondo cui ambienti più organizzati siano anche più facilmente “ispezionabili”.
Ispezioni sì, ma non da sole
Il messaggio principale dello studio è chiaro: le ispezioni restano uno strumento importante, ma da sole non bastano. La vera prevenzione passa anche dalla formazione dei lavoratori, dalla qualità dell’organizzazione interna delle aziende, dalla cultura della sicurezza e dal coinvolgimento attivo di tutte le figure previste dalla legge, come i Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione e i Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza.
La cultura della sicurezza
Prendiamo spunto da questi risultati per una riflessione più profonda: quanto siamo disposti, come società e come aziende, a investire in una cultura che metta davvero la sicurezza delle persone al primo posto?
La cultura della sicurezza è considerata un pilastro fondamentale per prevenire gli infortuni. L’INAIL spiega che promuovere salute e sicurezza significa adottare misure che permettano al cittadino di acquisire «comportamenti sani e sicuri in tutti gli ambienti di vita e di lavoro». Allo stesso modo, il Ministro Bianchi ricorda che «l’elemento fondante è la cultura della sicurezza», sottolineando come investire nella prevenzione sia «un investimento di lungo periodo» cruciale per ridurre gli incidenti. La promozione di questi valori deve essere condivisa a tutti i livelli sociali. Le indicazioni normative più recenti ribadiscono l’importanza di sensibilizzare fin dalla scuola i futuri lavoratori alla prevenzione, per favorire stili di vita sempre più sani e sicuri. Solo con un impegno collettivo sarà possibile invertire la tendenza degli infortuni sul lavoro e costruire una società più protetta.
Lo facciamo da sempre – e speriamo di continuarlo a fare – attraverso 1) strumenti informativi (come i Dati sorveglianza infortuni mortali e la banca dati Matline), con approcci alla progettazione anche in setting come quello della scuola (attraverso Pro.Sa. e il Marketing sociale) e attraverso progetti specifici come le Storie d’Infortunio.
Come Centro di Documentazione Dors, da molti anni ormai, puntiamo nelle nostre attività e linee progettuali nel co-costruire e coltivare una buona cultura della sicurezza insieme a istituzioni, aziende e professionisti sanitari.
“Storie d’infortunio”, in particolare, trasforma i dati tecnici degli incidenti in racconti narrativi coinvolgenti. Ogni storia include un paragrafo “non sarebbe successo se…” in cui vengono indicate le azioni preventive che avrebbero impedito l’evento. Questi racconti emozionali, condivisi in una comunità di pratica, permettono di riflettere sui fattori culturali alla base della sicurezza, rendendo la prevenzione più efficace e partecipata.
Un cambiamento duraturo richiede sì controllo, ma anche ascolto, consapevolezza e responsabilità condivisa. Perché – come ricorda un ispettore intervistato nello studio – “la sicurezza sul lavoro non è una scienza: è un’arte”.