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reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza garantito può essere una politica contro la povertà

La povertà nei paesi ad alto reddito

Il concetto di povertà nei paesi ad alto reddito potrebbe apparire contradditorio, sebbene, anche in questi paesi, sia alto il numero di chi non può nemmeno permettersi un pasto adeguato e nutriente, e che per far quadrare i conti fa affidamento sull’assistenza sociale, le banche dati alimentari e su sussidi per alloggio, riscaldamento e elettricità.

Le disuguaglianze di reddito, nei paesi caratterizzati da economie di libero mercato, sono scontate, perché ci saranno sempre alcuni che guadagnano più di altri. Tuttavia secondo le Nazioni Unite dal 1990 sono aumentate in quasi tutti i paesi ad alto reddito, con pochissimi ricchi a detenere la ricchezza di metà della popolazione mondiale. 

Secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), nel 2012 il 22% delle persone nei paesi sviluppati (oltre 300 milioni) era considerato povero, con un reddito inferiore al 60% della media nazionale e il dato è rimasto invariato, con un andamento al rialzo in alcuni paesi (ad esempio Grecia, Italia, Portogallo) dopo la crisi finanziaria globale del 2008. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) ha invece fissato la soglia della povertà al 50% del reddito medio nazionale.

OIL e OCSE citano tassi di povertà relativa (basata sui redditi mediani nazionali) ma non fanno riferimento alla povertà assoluta, che invece riguarda l’entità della deprivazione materiale e la mancanza di accesso a cibo, acqua pulita, servizi sanitari e istruzione di base.

I tassi di povertà relativa possono fornire un utile indicatore della disuguaglianza di reddito all’interno di un paese (ad esempio, identificando quale percentuale di persone ha redditi nel quartile più basso), ma non forniscono alcuna informazione sulla portata o sulla gravità della povertà sperimentata dalle persone. È fondamentale riconoscere questa limitazione quando si valuta l’efficacia di politiche, programmi o interventi volti a ridurre la povertà.

Politiche e programmi di contrasto alla povertà

Il concetto moderno di welfare sociale è emerso alla fine del XIX secolo in Germania e si fonda su un principio: lo Stato è tenuto a fornire assistenza e supporto a chi vive in condizioni di povertà e disagio, non come atto di carità ma come un diritto. Nei secoli a seguire altri paesi ad alto reddito hanno seguito l’esempio della Germania implementando misure indirizzate ai più vulnerabili, dall’assegno per i figli all’assistenza sanitaria gratuita per tutti.

Attualmente i paesi ad alto reddito spendono tra il 12% e il 31% del prodotto interno lordo (PIL), per finanziare programmi di welfare sociale, con una generosità variabile a causa dei periodi di recessione economica, ma anche per questioni ideologiche e politiche.

Tuttavia le riforme al welfare tradizionale, note come workfare – letteralmente work for welfare, lavorare per ottenere un beneficio – hanno peggiorato la situazione. Concretamente intendono trasformare un non occupato che riceve sussidi dalla pubblica amministrazione in un lavoratore occupato. In estrema sintesi sono programmi o schemi che chiedono alle persone di lavorare in cambio di assistenza sociale sotto forma di sussidi. Il principale obiettivo è quindi l’inserimento lavorativo dell’assistito in un qualsiasi tipo d’impiego. Chi è privo di occupazione perciò firma un contratto che lo vincola a svolgere una serie di attività ma che può accrescere lo stato di povertà, con la perdita di benefici, dai sussidi per la casa, all’ assicurazione sanitaria e odontoiatrica. I programmi di workfare di norma prevedono che il beneficiario debba accettare impieghi non pagati, retribuiti con salari più bassi rispetto a un identico impiego in regime di libero mercato oppure non congrui rispetto al proprio profilo professionale e questo accresce lo stigma e la vergogna.
Le sanzioni spesso imposte in forma di tagli e interruzioni dei benefici, vorrebbero aumentare il rispetto delle condizioni dei programmi di workfare (accettare qualsiasi tipo di lavoro disponibile); tuttavia, una recente revisione di 94 studi suggerisce che queste sanzioni non fanno bene e possono avere effetti negativi sulla salute mentale e fisica, sui debiti, sulle difficoltà materiali e sullo stress finanziario.

In ogni caso il social welfare, in molti paesi ad alto reddito, si traduce in una varietà di programmi, offerti a vari livelli di governo (federale, statale/provinciale, municipale) e indirizzati a gruppi specifici (ad esempio, persone con disabilità, donne con bambini piccoli) e a esigenze specifiche (ad esempio, denaro per cibo o affitto). Ne risulta un patchwork di programmi che creano confusione per quel che concerne i criteri di ammissibilità e che spesso non riescono a offrire a tutti i bisognosi un reddito di sussistenza. Questo si traduce in alti livelli di mancata adesione e nella conseguente perdita di benefici da parte di molti aventi diritto.

Reddito di cittadinanza universale

Il reddito di cittadinanza universale o reddito di base universale (Universal Basic Income – UBI), è un reddito pagato da una comunità politica a tutti i suoi membri su base individuale, senza verifica dei mezzi posseduti o  requisiti di lavoro, viene pagato a intervalli regolari, in contanti e prevede importi stabili e prevedibili. Il reddito di base universale potrebbe o meno essere eliminato gradualmente con l’aumento dei guadagni ed essere disponibile per una larga parte della popolazione e non indirizzato a gruppi specifici.

Potrebbe contrastare la povertà meglio dei tradizionali programmi di welfare per le seguenti ragioni:

evita la stigmatizzazione dei programmi di workfare, soggetti a condizioni, offrendo il beneficio a tutti entro una comunità o a tutti coloro che sono sotto una certa soglia di reddito.

• La verifica dei requisiti dei richiedenti nei programmi di welfare è molto laboriosa, procedura non necessaria con il reddito di cittadinanza universale, più efficiente per la riduzione della povertà.

• Il reddito di cittadinanza universale, è una questione di giustizia sociale che affronta la crescente disuguaglianza dei redditi e promuove una più equa condivisione della ricchezza pubblica accumulata nel corso delle generazioni.

Il reddito di cittadinanza universale potrebbe contrastare le disuguaglianze legate a status socioeconomico, etnia e genere. Un reddito di base garantirebbe un reddito alle donne che svolgono mansioni al di fuori del mercato formale del lavoro, come la cura dei bambini o lavori di cura della persona. Ridurrebbe anche la dipendenza finanziaria delle mogli, nel contesto di famiglie violente, che attualmente non hanno diritto all’assistenza sociale se il coniuge guadagna un reddito superiore alla soglia di ammissibilità. Per non parlare delle minoranze etniche che, nei paesi ricchi, hanno tassi di povertà sproporzionalmente elevati.

La revisione della Campbell Collaboration

Una vera politica sul reddito di cittadinanza non è mai stata implementata nei paesi ad alto reddito. Pertanto, la revisione Rizvi 2024, della Cambpell Collaboration, ha esaminato esperimenti che intendevano prevedere gli impatti di un programma sul reddito di cittadinanza nel mondo reale.

Gli esperimenti presi in esame includono alcune caratteristiche del reddito di cittadinanza e aldilà della varietà condividono un elemento distintivo comune: sono benefici monetari garantiti dallo stato.

Per evitare confusioni e per includere tutti i tipi di interventi di reddito di cittadinanza verrà usato il termine “reddito di cittadinanza garantito” (Garanteed Basic Income – GBI). Per quanto riguarda il significato sono state utilizzate due definizioni (1) un importo sufficiente a soddisfare i bisogni primari, oppure (2) un importo dato a ciascun beneficiario che fornisce una base che può essere integrata da altre forme di reddito.

La revisione Rizvi 2024 si pone perciò l’obiettivo di sintetizzare i risultati di studi realizzati nei paesi ad alto reddito che hanno preso in esame interventi di reddito di cittadinanza garantito e i loro effetti sulla povertà, e di metterli a confronto con i programmi di assistenza sociale ordinaria. Gli interventi di reddito di cittadinanza garantito inclusi nella revisione devono soddisfare i seguenti criteri: (1) intervalli di pagamento regolari, (2) pagamento in contanti (non in natura), (3) un importo minimo garantito ricevuto incondizionatamente (fino a un certo livello di reddito) e (4) pagamento in importi fissi o prevedibili.

C’è stato un acceso dibattito su quali indicatori di povertà siano più accurati e affidabili. Le misure ufficiali della povertà (OPM) si sono tradizionalmente basate sul reddito, stabilendo una soglia minima come soglia di povertà, mentre alcune misure ufficiali più recenti tengono conto del costo della vita, o almeno del costo dei bisogni di base. Le misure basate sui consumi, che utilizzano sondaggi per valutare quali beni e servizi consumano individui o famiglie, sono state proposte come indicatori più accurati della povertà. L’insicurezza alimentare è stata proposta come un indicatore di povertà più accurato e sensibile rispetto alle misure basate sul reddito e alle stime del costo della vita.

Di recente, nelle scienze sociali e nella ricerca politica si è concentrata sempre più l’attenzione sulla natura multidimensionale della povertà, che include povertà di reddito e deprivazione materiale, nonché la dimensione psicologica dello stress finanziario soggettivo. L’esperienza della povertà include anche altri aspetti meno tangibili che le misure di reddito e consumo non sono in grado di catturare, come deficit nelle aree di “voce, sicurezza umana, isolamento, dignità, mancanza di tempo e benessere soggettivo”.

La revisione della Campbell Collaboration è la prima a concentrarsi solo sui risultati correlati alla povertà e a valutare quantitativamente l’efficacia di varie forme di reddito di base garantito per ridurre la povertà nei paesi sviluppati ad alto reddito, utilizzando come risultati di interesse il livello di insicurezza alimentare, il consumo, la deprivazione materiale e gli indicatori di povertà multidimensionali.  stress finanziario soggettivo e altre dimensioni fisiche, sociali e psicologiche della povertà.

Risultati

I 16 database esaminati hanno inizialmente prodotto 24.476 riferimenti. Sono stati poi inclusi nella revisione 27 studi che hanno analizzato i dati di 10 esperimenti condotti tra il 1968 e il 2020, il cui scopo era esplorare l’impatto del reddito di base garantito sulle persone con redditi bassi. Cinque esperimenti hanno avuto luogo negli Stati Uniti, due in Canada e i restanti in Spagna, Finlandia e Paesi Bassi. Nove degli esperimenti hanno assegnato in modo casuale i partecipanti a ricevere o meno il reddito di base garantito (gruppo di controllo), in modo che gli effetti osservati potessero essere attribuiti alla ricezione dello stesso. Tuttavia, gli esperimenti e i relativi studi presentano numerose altre debolezze metodologiche, che riducono la qualità dell’evidenza.
L’analisi dei dieci esperimenti sul reddito di cittadinanza garantito, ha portato ad identificare cinque tipologie di reddito di cittadinanza garantito, che hanno costituito una cornice utile a classificare e sintetizzare i risultati negli studi esaminati.

Importo fisso di sussistenza: persone con redditi inferiori ad una certa soglia ricevono un importo fisso di sussistenza, che non subisce riduzioni anche a fronte di un altro reddito. È simile al reddito di cittadinanza universale, anche se viene concesso sulla base del reddito e pertanto solo a chi percepisce redditi bassi.

Importo fisso supplementare: fornisce un importo fisso ben al di sotto del livello di sussistenza, ma che integra tutti gli altri redditi, inclusi i redditi da lavoro dipendente e i sussidi di assistenza sociale. È simile al reddito di cittadinanza parziale fornito tuttavia solo a chi ha redditi bassi.

Reddito minimo garantito (GMI); fornisce un importo aggiuntivo a chiunque abbia un reddito il cui importo è inferiore al costo dei bisogni materiali di base. Se il reddito del beneficiario aumenta, si riduce l’importo, con la revoca completa quando il reddito percepito equivale o eccede l’importo del reddito minimo garantito. Nota anche come assicurazione sul reddito, è simile ai tradizionali programmi di assistenza sociale privi della condizionalità di dover cercare lavoro o attività affini.

Reddito minimo garantito con prelievo parziale: fornisce unimporto incondizionato, basato su una stima del costo della vita con un ritiro graduale dei benefici all’aumentare del reddito guadagnato. È simile ad alcuni programmi di assistenza sociale che tuttavia sono soggetti a condizioni

Imposta negativa sul reddito (NIT): diversamente dall’imposta tradizionale, nel caso della NIT lo Stato versa e il contribuente riceve. Infatti la NIT prevede che, legittimati a ricevere il sussidio (beneficiari), siano selettivamente i contribuenti che detengono un reddito inferiore a quello fissato come reddito soglia, mentre chi ha un reddito superiore a tale soglia è tenuto a versare l’imposta.

Gli studi inclusi esaminano 176 risultati correlati alla povertà, raggruppati in 34 sottocategorie che afferiscono a 7 macro categorie:

insicurezza alimentare autoriferita, valutata con interviste / indagini: 2 studi riscontrano una riduzione dell’insicurezza alimentare;
livelli di povertà valutati con misure ufficiali di livello nazionale e internazionale: nessuno studio ha preso in esame l’esito;
salute fisica generale autoriferita, valutata con interviste / indagini: 1 studio su 4 ha riscontrato un miglioramento significativo;
problemi di salute mentale autoriferiti, valutati con interviste / indagini: 2 studi riferiscono una riduzione;
soddisfazione di vita e benessere soggettivo, valutati con interviste / indagini: 2 su 3 studi hanno riscontrato un miglioramento;
benessere finanziario soggettivo, valutato con interviste / indagini: 3 su 4 studi hanno riscontrato un significativo miglioramento;
continuazione della scuola dopo la fase dell’obbligo, valutata con interviste / indagini: 4 su 5 studi, hanno riscontrato una continuazione dopo la scuola dell’obbligo significativamente più elevata nei bambini di famiglie che hanno ricevuto il reddito di cittadinanza garantito.

In riferimento alla relazione tra le varie tipologie di reddito di cittadinanza e gli innumerevoli esiti emerge che l’insicurezza alimentare, il disagio mentale autovalutato e la continuazione della scuola dopo la fase obbligatoria possono essere significativamente migliorati quando viene fornito il reddito di cittadinanza garantito nella sua forma completa, con graduale ritiro dei benefici (all’aumentare degli altri redditi). Le prove sul benessere finanziario soggettivo e sulla soddisfazione di vita autovalutata sembrano contrastanti; tuttavia, il reddito di cittadinanza garantito con benefici più generosi rispetto ai benefici dell’assistenza sociale esistente sembra produrre risultati benefici per entrambi questi risultati.
Il reddito di cittadinanza garantito supplementare (pagato insieme ai programmi di assistenza al reddito esistenti), sembra migliorare il benessere finanziario soggettivo, la soddisfazione di vita autovalutata e il disagio mentale autovalutato.
Rispetto alla salute generale autovalutata le prove sono inconcludenti, pertanto il reddito di cittadinanza garantito (che sostituisce i benefici dell’assistenza sociale) sembra non portare miglioramenti.

Implicazioni per la pratica e la politica

Il corpus di ricerche sul reddito di cittadinanza garantito incluso in questa revisione fornisce alcune prove del fatto che il sostegno incondizionato al reddito ha un effetto benefico su diversi esiti correlati alla povertà. Tuttavia, poiché le prove sono limitate, è necessario un approccio cauto.

Gli oppositori alle proposte sul reddito di cittadinanza garantito sostengono che sarebbero inaccessibili e potrebbero anche essere dannose per alcune persone perché i benefici forniti dal reddito di cittadinanza garantito, potrebbero essere inferiori al supporto totale che ricevono da vari programmi esistenti. È anche rischioso generalizzare i risultati di esperimenti RCT di durata limitata che non possono fornire informazioni sugli effetti a lungo termine o a livello di comunità. Inoltre, a causa delle complessità e delle differenze tra i vari approcci al reddito di cittadinanza garantito, i programmi reali e su vasta scala potrebbero essere implementati in modo diverso rispetto agli interventi GBI sperimentali.

Nel dibattito politico sul reddito di cittadinanza garantito il maggiore ostacolo nasce dal fatto che le concettualizzazioni teoriche si discostano in parte dalle modalità in cui i programmi, i progetti pilota e gli esperimenti sono stati implementati nella pratica. Anche l’eterogeneità dei progetti rende difficile trovare una concordanza sui principi utili a guidare lo sviluppo di programmi di reddito di cittadinanza garantito su vasta scala.

In questa revisione il principale ostacolo per una sintesi è rappresentato dall’elevato numero di differenti misure di esito utilizzate dagli studi. In parte, è spiegabile con la natura multidimensionale della povertà e che gli interventi di sostegno al reddito influenzano molti aspetti della vita (sociale, economico, sanitario, ecc.); tuttavia, per il futuro sarebbe auspicabile che i ricercatori utilizzassero misure standard convalidate. Inoltre, misure di esito molto ampie (ad esempio, la salute generale) potrebbero nascondere impatti più specifici (ad esempio, riferiti all’ipertensione). Perciò ricercare un compromesso tra esiti generali e particolari potrebbe fornire prove più solide.

Infine, a causa dei livelli sproporzionati di povertà sperimentati da alcuni gruppi, potrebbe essere utile esaminare sempre gli impatti degli interventi di reddito di cittadinanza garantito sui fattori sociodemografici – luogo di residenza, etnia, occupazione, genere, religione, educazione, capitale sociale e posizione socioeconomica, e altri fattori associati alle disuguaglianze, tipo età, disabilità, orientamento sessuale – riconducibili alla cornice PROGRESS-Plus.  

Sulla base dei risultati la prova più solida di miglioramenti nei risultati correlati alla povertà sembra provenire da interventi che hanno fornito un reddito di cittadinanza garantito di tipo supplementare, perché aiuterebbe a colmare le lacune tra i programmi esistenti che mirano a popolazioni specifiche e ne escludono alcune, come le persone single senza figli. L’approccio supplementare potrebbe anche portare a un’eventuale transizione da programmi condizionali con monitoraggio intrusivo e laborioso a un approccio più semplice basato sul reddito, se risulta che fornire benefici senza vincoli produce risultati positivi a livello individuale e di comunità.

Foto di Towfiqu barbhuiya su Unsplash

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