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Quello che le donne non dicono: la celata violenza di genere online

La violenza sulle donne facilitata dalla tecnologia è qualsiasi atto commesso, assistito, aggravato o amplificato dall’uso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) o di altri strumenti digitali, che provoca o è probabile che provochi danni fisici, sessuali, psicologici, sociali, politici o economici, o altre violazioni dei diritti e delle libertà. “ICT” è un termine generico che include telefoni cellulari, Internet, piattaforme di social media, giochi per computer, messaggi di testo, e-mail e altre tecnologie correlate.

La violenza contro le donne è “parte di un continuum di forme multiple, ricorrenti e interrelate di violenza di genere”.
La violenza di genere facilitata dalla tecnologia (TF VAW) utilizza forme multiple per infondere violenza, alcune di queste sono esclusive dei contesti digitali, tra cui: doxing, gender trolling, hacking, cybergrooming, utilizzo di account falsi, image-based sexual abuse, cyberstalking, e victim blaming[1]. Sono compresi anche comportamenti che non sono esclusivi dei contesti digitali, ma che possono essere favoriti dall’uso delle ICT, tra cui: hate speech, molestie, stalking e sfruttamento.

È con queste definizioni che l’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere e l’empowerment femminile con la parterniship dell’Organizzazione Mondiale della Sanità introducono il concetto di violenza sulle donne facilitata dalla tecnologia (1).

I contesti digitali non sono sempre uno spazio sicuro.
Da un lato, gli spazi online e gli strumenti digitali possono facilitare l’accesso a informazioni e servizi essenziali, offrendo opportunità educative e di lavoro per donne e ragazze. Questi spazi possono anche essere utilizzati per organizzare movimenti, anche basati sull’uguaglianza di genere e la giustizia di genere; oltre al loro potenziale di consentire una maggiore capacità di azione sociale, economica e/o politica.
Dall’altro lato un crescente numero di evidenze da parte di ricercatori, sostenitori dei diritti digitali e dei movimenti per i diritti delle donne, mostra come la rivoluzione digitale abbia esacerbato le esistenti, e persino creato, nuove forme di disuguaglianze e oppressione di genere.

Ovviamente la violenza facilitata dalla tecnologia ha una portata estesa e non solo diretta al genere femminile, ma donne e ragazze ne sono colpite in modo sproporzionato. Le evidenze disponibili suggeriscono che le donne hanno maggiori probabilità di essere prese di mira a causa della loro identità di genere, di sperimentare forme più gravi di violenza e di subire con più probabilità impatti negativi gravi e duraturi.  Ad esempio, la TF VAW è spesso collegata alla violenza offline e le donne, di conseguenza, cambiano il modo in cui usano (o scelgono di non usare) le ICT a causa dei rischi associati, incrementando così il divario digitale di genere.
Inoltre, un numero crescente di ricerche illustra i modi in cui la violenza contro le donne facilitata dalla tecnologia amplifica e normalizza le culture esistenti di violenza patriarcale e misoginia, consentendo al contempo l’emergere di nuove forme (2).

Nonostante una crescente base di dati e un’accelerazione degli sforzi per sviluppare metodi di ricerca e raccolta dati quantitativi e qualitativi adeguati, permangono lacune significative nella comprensione della portata e delle specifiche manifestazioni della violenza contro le donne online. Tali lacune ostacolano gli sforzi dei decisori politici e degli operatori dei servizi intenzionati a sviluppare strategie basate sull’evidenza per prevenire e rispondere alla violenza contro le donne. Inoltre, la mancanza di consenso su cosa si consideri violenza facilitata dalla tecnologia, la natura multistakeholder e transfrontaliera del mondo online e le preoccupazioni relative alla privacy e alla protezione, rappresentano altri fattori che non permettono di fornire una panoramica più precisa del fenomeno. 

In un contesto in cui la mancanza di dati può diventare una giustificazione per la non-azione, la continua ricerca di un consenso all’interno della comunità internazionale per sviluppare definizioni, indicatori e pratiche promettenti condivise per la raccolta di dati sulla TF VAW rappresenta sia una sfida urgente che un’opportunità.

Tra i pochi studi che confrontano diverse forme di violenza contro le donne (tra cui molestie sessuali, stalking, bullismo, incitamento all’odio, sfruttamento sessuale, pornografia non consensuale e diffamazione), la maggior parte ha rilevato che le molestie sessuali e lo stalking (ad esempio basato sulla posizione GPS del telefono della vittima) sono le forme di violenza facilitata dalla tecnologia più comunemente segnalate dalle donne. Invece, le forme TF VAW più comuni sono l’abuso sessuale tramite immagini e messaggi, post e telefonate indesiderati. Tuttavia, è importante sottolineare che i dati di questi studi non possono essere confrontati, a cause delle loro metodologie e degli approcci di campionamento unici.

Molte ricerche hanno rilevato che le donne avevano maggiori probabilità di subire violenza sui social network, rispetto ad altri contesti digitali. In diversi paesi Facebook (da Meta) è stato costantemente identificato come il sito più comune per la violenza di genere online (1). Questo risultato potrebbe essere ricondotto alla popolarità di Facebook rispetto ad altre piattaforme di social media e ai minori rischi associati alle piattaforme di chat aperte, rispetto ai servizi di messaggistica privata.
Questi risultati non sorprendono, soprattutto a seguito della recente chiusura della pagina Facebook “Mia Moglie” (che contava ben 32 mila iscritti), per reati di violazione della privacy, diffamazione e sfruttamento sessuale attraverso la pubblicazione di materiale intimo senza consenso. Foto scattate in momenti quotidiani, non solo foto di mogli, ma anche foto di donne sconosciute, fidanzate e amiche.
È impressionante la normalità con cui tutto questo è stato fatto per mesi e anni, il linguaggio predatorio, degradante e prevaricatore dei commenti alla foto. La sicurezza che fosse pressoché legittimo o consentito poiché possibile e facile (3).Ne è un altro esempio il sito Phica, dove per 20 anni sono state pubblicate e raccolte immagini intime senza consenso.È la trasformazione automatica della normalità e quotidianità del corpo femminile in materiale sessuale. Alcuni gruppi sono più radicali e pericolosi di altri, come nel caso degli incel (involuntary celibates, ovvero casti non per scelta) che  rivendicano il dominio degli uomini e diffondono odio nei confronti delle donne, nati su forum online e ora diffusi anche su canali Telegram (4,5).

La violenza di genere oltre ad essere trasversale per età e contesti sociali, lo è anche per dimensioni in cui essa avviene, anzi molto spesso una permea l’altra, generando più livelli di violenza e oppressione.
La TF VAW è visibile, difatti, anche tra le generazioni più giovani, come emerge dal report di Save the Children “Le ragazze stanno bene?” (6). Il rapporto raccoglie i risultati di un lavoro di ricerca volto a esplorare il tema della violenza di genere tra gli adolescenti. I dati sono stati estrapolati da un sondaggio realizzato in collaborazione con IPSOS, grande azienda nel settore delle ricerche di mercato, su un campione rappresentativo di 800 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 18 anni.
Il 33% riporta di aver ricevuto foto/video a sfondo sessuale da amici/che o conoscenti, e nella maggior parte dei casi è successo a ragazzi e ragazze di età tra i 16 e i 18 anni (37%). Circa 1 adolescente su 10 ha poi condiviso/postato foto intime senza il consenso della persona ritratta e per l’11% c’è stata una condivisione di proprie foto intime senza averne dato il consenso.

Conclusioni e raccomandazioni

Il fenomeno della violenza sulle donne facilitata dalla tecnologia rappresenta un argomento attuale e che richiede un’estrema urgenza di trattarlo con strumenti e politiche adeguati. Data la velocità, la portata e l’ubiquità uniche delle tecnologie odierne, questa forma di violenza contribuisce a normalizzare la cultura sessista e alimentare sentimenti di misoginia.
Sono necessari dati tempestivi e di qualità sulla TF VAW per orientare la progettazione di politiche, programmi, servizi mirati e specifici per il contesto. Quando le parti responsabili (istituzionali, aziendali delle big tech, politiche, sociali e culturali) ignorano la portata e la gravità del fenomeno, trattandolo invece come una questione minore o “di nicchia”, non può che indicare una mancanza di volontà politica. Data la dichiarata urgenza di contrastare la TF VAW entrambi i report dell’OMS e di Save the Children concludono con delle raccomandazioni rivolte agli enti europei e nazionali, di cui è doveroso riportare qui una sintesi:

  1. Sviluppare definizioni, metodologie, indicatori standardizzati per la raccolta dei dati:
    • integrare la raccolta dati sulla violenza di genere con informazioni sulla violenza on-line e sugli adolescenti tra i 14 e i 18 anni

2. Investimenti:
• Investire nella ricerca qualitativa e quantitativa per colmare il gap dei dati

3. Legislazioni e norme:
• Gli Stati membri dovrebbero estendere le definizioni giuridiche e le politiche relative alla violenza contro le donne facilitata dalla tecnologia
• La legislazione dovrebbe richiedere alle aziende tecnologiche di creare regolamenti condivisi per tutelare le utenti dalla TFVAW
• La legislazione dovrebbe includere, come parte della definizione di violenza contro le donne facilitata dalla tecnologia, un insieme completo di tecnologie o qualsiasi strumento digitale che possa favorire, aggravare o amplificare la violenza contro le donne, piuttosto che includere solo piattaforme online o siti di social network.

4. Introdurre percorsi nelle scuole sull’educazione all’affettività.

Questo articolo sostiene lo sviluppo degli interventi prioritari sulle connessioni tra linguaggi e salute emersi nel laboratorio dedicato nell’appuntamento Connessioni (ottobre, 2024).

Glossario

Doxing: “L’atto di trovare o pubblicare informazioni private su qualcuno su Internet senza il suo permesso, soprattutto in un modo che ne riveli il nome, l’indirizzo, ecc.”
Gender trolling: “indica gruppi di utenti (perlopiù uomini) chiamati gendertroll che in modo più o meno organizzato attaccano le donne in rete attraverso diverse forme di abuso, come insulti, molestie, minacce di stupro o di morte, spesso utilizzando identità e account fittizi”.
Hacking: “L’attività di utilizzare un computer per accedere a informazioni memorizzate su un altro sistema informatico senza autorizzazione, o per diffondere un virus informatico.”
Cybergrooming:  “Tradotto in italiano come adescamento online è l’approccio mirato a bambini e giovani di età inferiore ai 14 anni su Internet con l’obiettivo di avviare un contatto sessuale”.
Image-based sexual abuse
“Abuso sessuale facilitato dalle immagini ovvero la condivisione (o la minaccia di condivisione online)  di immagini intime senza il consenso della persona ritratta. L’abuso basato sulle immagini è spesso definito “revenge porn” o “cybermolestie”. Altri termini utilizzati per spiegare questa forma di abuso includono: sexploitation o sextortion, in cui qualcuno ricatta un’altra persona minacciando di rivelare immagini esplicite; ed e-venge, riferendosi alla distribuzione elettronica”.
Cyberstalking: “raccoglie varie attività, tra cui l’uso di app per geolocalizzare la persona o di tecnologie per controllare, seguire e molestare la persona.”
Victim blaming: “è una forma di violenza di genere che si manifesta perlopiù nel digitale, chiamata anche vittimizzazione secondaria. Consiste nell’accusare parzialmente la vittima di una violenza di genere (ad esempio uno stupro) di aver in qualche modo provocato o contribuito a quello che le è accaduto (ad esempio commentare e fare affermazioni sul modo in cui era vestita).”
Hate speech: “termine che si riferisce a discorsi di incitamento all’odio e alla violenza. Alcuni studi (Barometro dell’odio, Amnesty International; 2023) dimostrano che molti dei messaggi d’odio in rete sono rivolti alle donne.”

Bibliografia

(1) UN Women, World Health Organization. Technology-facilitated violence against women: taking stock of evidence and data collection. New York: UN Women; 2023. Disponibile su: https://www.unwomen.org/sites/default/files/2023-04/Technology-facilitated-violence-against-women-Taking-stock-of-evidence-and-data-collection-en.pdf

(2) UNESCO and UN Women. 2019. The big conversation: Handbook to address violence against women in and through the media; O’Donnell and Sweetman 2018;Spuy and Aavriti 2018, p. 78.

(3) La normalizzazione del branco digitale che viola i corpi delle donne – Valigia Blu

(4) Quando le donne sono il nemico: gli ‘incel’, i celibi involontari, radicalizzati online tra suprematismo bianco e terrorismo – Valigia Blu

(5) Oltre – Un’inchiesta sull’universo incel italiano | S1E1 | Un posto sicuro | RaiPlay Sound

(6) Le ragazze stanno bene? Indagine sulla violenza di genere onlife in adolescenza. Save the Children, febbraio 2024


[1] Vedi Glossario a fine articolo

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