La depressione è un disturbo mentale diffuso a livello globale che colpisce circa 280 milioni di persone, pari al 5% della popolazione, ed è una delle principali cause di disabilità a livello mondiale. La prevalenza della depressione aumenta significativamente con l’età, raggiungendo un terzo della popolazione anziana.
Il genere è un fattore di rischio significativo per i sintomi depressivi, soprattutto nelle persone anziane. Le donne hanno infatti maggiori probabilità di sviluppare la depressione rispetto agli uomini, con uno svantaggio che si manifesta in età adulta e si aggrava dopo i 60 anni. In Italia, 10 persone su 100 di età superiore ai 65 anni soffrono di sintomi depressivi e la prevalenza tende ad aumentare con l’avanzare dell’età.
Nel 2024 sono stati pubblicati due studi che mettono in relazione l’alimentazione con la salute mentale.
Il primo studio esaminato è italiano, NutBrain (Nutrition, gUT microbiota, and Brain AgING) condotto da ricercatori e ricercatrici dell’Istituto di tecnologie biomediche del Cnr (Cnr-Itb), in collaborazione con l’Istituto neurologico nazionale a carattere scientifico IRCCS.
Lo studio ha mostrato come le donne anziane che seguono un’alimentazione corretta e bilanciata hanno una minore possibilità di sviluppare sintomi depressivi.
Pubblicato sulla rivista British Journal of Nutrition, aveva tra i vari obiettivi quello di indagare l’associazione tra la dieta mediterranea e i sintomi depressivi in una coorte di circa 800 persone di età compresa tra i 65 e i 97 anni (325 uomini e 473 donne ) residenti nella regione Lombardia (2019-2023). Hanno risposto a un Food Frequency Questionnaires (FFQ) semiquantitativo di 102 item che è stato utilizzato per calcolare il punteggio della dieta mediterranea (MDS).
Il campione preso in esame presentava una prevalenza di sintomi depressivi più elevata nelle donne (27.9%) rispetto agli uomini (8.0%), dati in linea con quelli della popolazione generale.
L’aderenza alla dieta mediterranea (basata su un elevato consumo di frutta e verdura, cereali integrali, pesce, olio d’oliva e un basso consumo di alimenti di origine animale riduce significativamente la probabilità di avere sintomi depressivi del 54.6%.
Stratificando i risultati per sesso si osserva come questa riduzione sia evidente nelle donne ma non negli uomini, mentre, analizzando i componenti della dieta mediterranea, è stata riscontrata un’associazione inversa e statisticamente significativa con il consumo di pesce e l’aumento del rapporto tra gli acidi grassi monoinsaturi/acidi grassi saturi, solo nelle donne. Le donne che consumano più di due porzioni di pesce fresco a settimana (in particolare molluschi e crostacei: gamberi, scampi, cozze e vongole ma non il tonno sott’olio) hanno una probabilità inferiore di sviluppare sintomi depressivi rispetto a chi consuma meno di due porzioni a settimana.
Per il futuro, sarebbe necessario puntare sempre di più a una vera e propria medicina di genere, e non limitarsi a studiare la popolazione generale ma tenendo invece conto delle differenze biologiche.
Questi risultati hanno implicazioni per la salute pubblica, in quanto sostengono il ruolo della promozione di una dieta sana ed equilibrata nella popolazione anziana.
Il secondo studio esaminato [ss1] afferma che una dieta sana ed equilibrata permette di stare meglio dal punto di vista della salute mentale apportando benefici anche al cervello.
Capire come le preferenze alimentari influenzino la salute, in particolare quella del cervello, è fondamentale per sviluppare interventi dietetici mirati per promuovere il consumo di alimenti nutrienti e migliorare la salute del cervello.
I partecipanti della UK Biobank erano 181.990. Sono state effettuate diverse valutazioni, tra le quali la funzione cognitiva, i biomarcatori metabolici del sangue, l’imaging cerebrale e la genetica. Sono state raccolte le preferenze alimentari di ogni partecipante (con l’ausilio dell’AI) poi classificate in 10 gruppi (frutta, verdura, alcol, carne,…).
Pubblicato su Nature Mental Health, lo studio è stato condotto dai ricercatori e dalle ricercatrici dell’Università di Warwick.
I risultati hanno mostrato che chi seguiva una dieta equilibrata, come ad esempio quella mediterranea, aveva una migliore salute mentale, un funzionamento cognitivo superiore e anche più “materia grigia” rispetto a chi adottava abitudini alimentari meno sane.
Le diete non salutari, inoltre, sono state indicate come fattore di rischio per un’ampia gamma di disturbi psichiatrici, tra cui i disturbi depressivi, l’ansia, il disturbo bipolare, l’ictus, i problemi del sonno e il morbo di Alzheimer. Ad esempio, gli individui con un “modello alimentare occidentale” (che prediligono cibi ricchi di dolci e grassi, ma non alimenti a base vegetale) hanno mostrato una maggiore incidenza di depressione rispetto a coloro che seguono una dieta equilibrata (che include una quantità bilanciata di verdura, frutta, cereali, noci, semi, legumi, latticini moderati, uova e pesce).
La ricerca sulla nutrizione suggerisce che la relazione tra modelli alimentari e disturbi mentali (o funzioni cognitive) potrebbe essere potenzialmente mediata dall’asse intestino-cervello. Modelli alimentari specifici, come la “dieta occidentale”, possono potenzialmente alterare l’equilibrio del microbiota intestinale, provocando infiammazione e stress ossidativo, che possono compromettere la funzione cognitiva e aumentare il rischio di disturbi mentali. Inoltre, studi di neuroimaging hanno rivelato associazioni tra modelli alimentari e funzioni e strutture delle regioni cerebrali, sottolineando l’intricata relazione tra dieta e salute del cervello. Per esempio, una maggiore aderenza alla “dieta di tipo mediterraneo” (caratterizzata da un elevato consumo di frutta, verdura, legumi e cereali, con l’olio d’oliva come fonte primaria di grassi) tipicamente collegata a un ridotto rischio di malattia di Parkinson e di Alzheimer, è stata associata a una minore riduzione del volume totale del cervello in un periodo di 3 anni, nonché a un maggiore spessore corticale in regioni cerebrali chiave.
Affinché le scelte alimentari siano sane, sarebbe necessario, attuare politiche alimentari che promuovano cibo sano e a prezzi accessibili visto che le scelte vengono influenzate dalla posizione socio-economica. I ricercatori e le ricercatrici hanno inoltre affermato che i risultati sottolineano il legame tra modelli alimentari e salute del cervello, sollecitando sforzi per promuovere la consapevolezza nutrizionale e favorire abitudini alimentari più sane tra le diverse popolazioni.
- – Conti S, Perdixi E, Bernini S, Jesuthasan N, Severgnini M, Prinelli F. Adherence to Mediterranean diet is inversely associated with depressive symptoms in older women: findings from the NutBrain Study. British Journal of Nutrition. 2024;131(11):1892-1901. doi:10.1017/S0007114524000461
- – Zhang, R., Zhang, B., Shen, C. et al. Associations of dietary patterns with brain health from behavioral, neuroimaging, biochemical and genetic analyses. Nat. Mental Health 2, 535–552 (2024).