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Giovane che osserva una sequenza di numeri

L’intelligenza artificiale nella salute pubblica: promesse, sfide e un’agenda per i responsabili politici e le istituzioni sanitarie pubbliche

Con “intelligenza artificiale” (IA) si intendono sistemi informatici capaci di svolgere compiti che solitamente richiedono intelligenza umana. Nella sanità pubblica, l’interesse verso l’IA è cresciuto perché essa può analizzare enormi volumi di dati – dalle cartelle cliniche elettroniche a dati ambientali fino alle informazioni raccolte sui social media – in tempi molto rapidi. Ad esempio, nella ricerca sui vaccini anti-COVID-19, algoritmi di machine learning hanno esaminato milioni di sequenze genomiche virali, individuando potenziali bersagli vaccinali in una frazione del tempo necessario ai metodi tradizionali. Questo grande potenziale ha suscitato un forte interesse tra decisori e operatori sanitari, ma occorre mantenere un approccio critico. Gli esperti avvertono che i benefici dell’IA possono essere enfatizzati se non si considerano le possibili limitazioni: algoritmi poco calibrati possono generare risultati errati o perpetuare pregiudizi presenti nei dati di partenza. Inoltre, c’è il rischio che un’eccessiva fiducia nella tecnologia riduca lo sviluppo delle capacità critiche degli operatori. È quindi fondamentale distinguere tra aspettative realistiche e semplici speranze, fondando l’uso dell’IA su solide basi scientifiche ed etiche.

Applicazioni dell’IA nelle attività di sanità pubblica

Sorveglianza e monitoraggio: L’IA può automatizzare molti processi di sorveglianza, riducendo i tempi di allerta. Per esempio, i Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC) hanno applicato algoritmi di machine learning per tracciare rapidamente la diffusione del COVID-19 e per analizzare radiografie toraciche, identificando automaticamente casi sospetti di tubercolosi. Allo stesso modo, è stato sviluppato TowerScout, un sistema basato su visione artificiale che individua via satellite le torri di raffreddamento a rischio di legionella, accelerando la risposta a focolai di questa malattia. Questi esempi mostrano come l’IA possa integrare i metodi tradizionali per anticipare epidemie e migliorare la sorveglianza in tempo reale.

L’IA può anche contribuire a monitorare i trend rispetto ai fattori di rischio per le malattie non trasmissibili analizzando i dati demografici, comportamentali e ambientali ai fini della pianificazione, elaborare rapidamente grandi volumi di dati e accelerare così il flusso di informazioni: ad esempio può estrarre e analizzare dati a testo libero da fonti come i certificati di morte, per identificare i decessi correlati agli stupefacenti, molto prima che siano completati i processi di codifica formali. Questo tipo di analisi può consentire alle autorità sanitarie pubbliche di rispondere in modo più efficace alle minacce emergenti.

Epidemiologia comportamentale e salute ambientale: L’IA può analizzare dati provenienti da app per la salute, dispositivi indossabili, social media o sensori ambientali per studiare abitudini di vita e fattori di rischio. Per esempio, algoritmi di machine learning estraggono dai social media il tono emotivo delle conversazioni, aiutando a stimare livelli di stress o benessere mentale nella popolazione. Allo stesso modo, sensori collegati a sistemi di IA monitorano la qualità dell’aria in città in tempo reale, consentendo alle autorità di emettere allerte quando l’inquinamento raggiunge livelli pericolosi. Queste analisi “comportamentali” e ambientali forniscono una visione più completa dei determinanti di salute e permettono di intervenire su problemi specifici in modo più efficace.

Allocazione delle risorse: In grandi campagne sanitarie (come vaccinazioni o screening di massa), l’IA può ottimizzare la distribuzione di personale e strutture. Un caso pratico è la pianificazione dei siti vaccinali per il COVID-19: modelli predittivi basati su dati demografici, clinici e geografici hanno individuato le sedi di somministrazione migliori, massimizzando la copertura vaccinale e riducendo gli sprechi. Studi recenti in Africa (ad esempio il consorzio ACADIC) mostrano che big data e algoritmi possono calibrare le strategie di vaccinazione locale, tenendo conto della scarsità di risorse e dell’emergere di varianti, per distribuire i vaccini in modo più equo ed efficace.

Comunicazione e coinvolgimento del pubblico: L’IA può rendere più efficaci i messaggi di salute pubblica adattandoli ai diversi gruppi della popolazione. Attraverso algoritmi di segmentazione si possono indirizzare consigli sanitari su misura in base all’età, alla cultura o al comportamento degli utenti. Durante la pandemia di COVID-19, ad esempio, l’OMS ha lanciato un servizio WhatsApp automatizzato che forniva informazioni ufficiali sul virus in più lingue. Negli Stati Uniti, il CDC ha sviluppato il chatbot “Clara” per rispondere in tempo reale a domande sul COVID-19. Questi assistenti automatici, basati sull’elaborazione del linguaggio naturale, aiutano a dissipare disinformazione e a guidare il pubblico verso risorse sanitarie affidabili.

Miglioramento della produttività: L’IA può snellire compiti quotidiani ripetitivi e burocratici, riducendo il carico amministrativo. Ad esempio, può estrarre informazioni chiave da documenti tecnici (linee guida, regolamenti) e generare sintesi o modelli di comunicazione. Sistemi di IA possono tradurre testi tecnici, generare report standard o trascrivere verbali di riunioni, liberando tempo prezioso che gli operatori possono dedicare a compiti strategici.

Sfide nell’implementazione dell’IA nella sanità pubblica

Nonostante il potenziale, l’adozione estesa dell’IA in sanità pubblica presenta diverse sfide:

Equità e bias: I modelli di IA apprendono dai dati storici e rischiano di “ereditare” pregiudizi o carenze presenti in quei dati. Se alcuni gruppi (ad esempio, minoranze etniche o aree rurali) sono sottorappresentati nel dataset di addestramento, l’algoritmo potrebbe dare risposte meno accurate per loro, aggravando le disuguaglianze sanitarie. Per evitare questi bias, è fondamentale sviluppare gli algoritmi con “lenti di equità” – cioè usando dati rappresentativi e valutando le prestazioni su metriche specifiche per garantire che il modello non favorisca alcuni gruppi a discapito di altri.

Trasparenza e affidabilità: Molti modelli di IA funzionano come “scatole nere”: anche gli esperti faticano a capire come ottengano una determinata risposta. Per aumentare la fiducia degli operatori sanitari, si sta lavorando sull’IA spiegabile (XAI), che cerca di rendere comprensibili i processi decisionali (ad esempio evidenziando i fattori che hanno spinto una previsione). Tuttavia, anche con l’XAI è essenziale il giudizio umano: i professionisti devono sempre validare le indicazioni dell’IA con la loro esperienza pratica, evitando di accettare ciecamente ogni output algoritmico.

Privacy e sicurezza dei dati: L’IA in sanità sfrutta dati personali sanitari sensibili (storia clinica, vaccini, diagnosi) combinati magari con altri dati (demografici, genetici, ecc.). Ciò aumenta il rischio di re-identificare una persona o di usarne impropriamente le informazioni. Inoltre, grandi archivi di dati sanitari sono bersagli appetibili per attacchi informatici (furto di dati, ransomware). Serve dunque impostare protocolli rigorosi di anonimizzazione e controllo degli accessi, oltre a investire pesantemente in cybersecurity. Solo garantendo l’integrità e la riservatezza dei dati si preserva la fiducia del pubblico nelle tecnologie IA.

Infrastrutture digitali: L’IA richiede infrastrutture adeguate: reti veloci, server potenti, database interoperabili. In molte realtà sanitarie pubbliche esistono ancora sistemi informatici obsoleti o isolati. Un’indagine OMS del 2023 ha rilevato che solo poco più della metà dei paesi europei dispone di una strategia unificata di interoperabilità sanitaria e appena un terzo ha una politica specifica sui big data in sanità. Senza un’adeguata modernizzazione IT, nessun algoritmo avanzato può funzionare al meglio. È quindi prioritario investire in hardware aggiornati, architetture cloud e piattaforme condivise che permettano lo scambio sicuro di dati fra ospedali, laboratori e uffici sanitari.

Competenze e formazione: Il personale sanitario di pubblica utilità spesso non ha una formazione specifica sulle nuove tecnologie. Sebbene esistano linee guida introduttive (per es. sui dilemmi etici dell’IA) e corsi base, l’IA evolve rapidamente, richiedendo aggiornamenti continui. Un sondaggio OMS del 2023 mostra che solo circa la metà dei paesi europei ha sviluppato piani o politiche per l’educazione sanitaria digitale. Oltre a inserire moduli formativi obbligatori, serve collaborare con università e centri di ricerca per corsi pratici e workshop. Investire nella alfabetizzazione digitale di medici, infermieri e tecnici è essenziale per un’adozione efficace dell’IA.

Implicazioni per la politica

Per sfruttare l’IA in sanità pubblica senza compromettere la sicurezza e i diritti fondamentali, servono normative e linee guida mirate. L’OMS ha definito principi etici che richiamano a mettere sempre al centro i diritti umani e il bene comune nella progettazione e nell’uso dell’IA sanitaria. Parallelamente, a livello internazionale si elaborano standard che obbligano governi e aziende a garantire trasparenza, tracciabilità, audit e rispetto degli standard tecnici nei sistemi IA. In Europa, il Regolamento (UE) 2024/1689 sull’IA (AI Act) introduce un approccio basato sul rischio: vieta gli usi ritenuti inaccettabili e impone requisiti stringenti ai sistemi ad alto rischio (come i software medici), salvaguardando i diritti fondamentali e promuovendo la responsabilizzazione degli sviluppatori. Completano questo quadro altre norme UE rilevanti (es. regolamento sui dispositivi medici, GDPR e legislazione sullo spazio europeo dei dati sanitari).

Accanto agli aspetti giuridici, servono garanzie etiche globali. Organismi come il Consiglio d’Europa e l’UNESCO stanno definendo convenzioni quadro per integrare i diritti umani in ogni fase del ciclo di vita dell’IA. Anche le organizzazioni sanitarie internazionali danno l’esempio: ad esempio, Gavi – l’Alleanza per i vaccini – ha recentemente pubblicato raccomandazioni sull’uso dell’IA per migliorare l’efficienza dei programmi vaccinali. In sostanza, i governi devono promuovere politiche che bilancino innovazione e tutela dei cittadini, incoraggiando collaborazioni tra settore pubblico, mondo accademico e industria tecnologica. Solo attraverso norme chiare e una governance trasparente dei dati sarà possibile massimizzare il valore pubblico dell’IA nella sanità, senza dimenticare le garanzie legali ed etiche necessarie.

Considerazioni per le istituzioni sanitarie pubbliche

Le istituzioni sanitarie pubbliche (agenzie di sanità pubblica, ministeri, ecc.) non possono ignorare l’IA, ma spesso si sentono sopraffatte su come iniziare. Ecco alcuni punti pratici da tenere a mente:

Conoscenza normativa ed etica: Il personale deve essere aggiornato sui quadri giuridici e sui principi guida per l’IA. È utile organizzare corsi introduttivi che spieghino in termini semplici GDPR, leggi nazionali (es. nuove norme sull’IA) e raccomandazioni internazionali. In questo modo tutti gli operatori (dai manager agli infermieri) conosceranno i limiti e le responsabilità legate alle tecnologie digitali.

Equità fin dall’inizio: Nella progettazione di ogni applicazione IA, porre la equa rappresentazione dei gruppi a rischio al primo posto. Ciò significa selezionare dati di addestramento diversificati e coinvolgere comunità locali nei test (per esempio consultando associazioni di pazienti o gruppi rappresentativi). Coinvolgere categorie svantaggiate fin dalle prime fasi può evitare sorprese, assicurando che il sistema risponda ai bisogni di tutti.

Investimenti tecnologici: È fondamentale potenziare l’infrastruttura informatica interna. Aggiornare server e software, dotarsi di sistemi di archiviazione sicuri, e adottare soluzioni cloud scalabili. Senza basi tecnologiche solide, qualsiasi algoritmo avanzato rimarrebbe lettera morta. Per esempio, varare un “data lake” sanitario centralizzato o reti sicure tra ospedali e uffici sanitari può permettere di alimentare adeguatamente i modelli di IA.

Formazione e personale dedicato: Occorre formare attivamente medici, infermieri e funzionari sui concetti di base dell’IA (con laboratori pratici, casi studio, aggiornamenti online) e, se possibile, integrare nelle équipe figure specializzate in dati e IA. Ad esempio, il Robert Koch Institut in Germania ha creato un Centro di intelligenza artificiale in sanità pubblica che riunisce epidemiologi e data scientist per sviluppare soluzioni concrete. Strutture analoghe possono servire da catalizzatori di competenze ibride in ogni paese.

Governance dei dati e cybersecurity: Le istituzioni devono definire politiche interne per la gestione dei dati che tengano conto delle nuove sfide. Questo include rigidi protocolli di accesso (chi può vedere e usare quali dati), regolari verifiche di sicurezza e processi di anonimizzazione aggiornati. Investire nella sicurezza informatica (firewall, crittografia, backup) è ormai strategico: una sola violazione di dati sanitari potrebbe minare la fiducia dei cittadini e danneggiare molto più dei benefici ottenuti con l’IA.

Uso etico e partecipativo: È importante promuovere linee guida etiche chiare e coinvolgere una vasta gamma di stakeholder (operatori sanitari, pazienti, associazioni civiche) nelle discussioni sul ruolo dell’IA. Un approccio partecipativo favorisce l’uso responsabile della tecnologia e garantisce che i suoi benefici siano distribuiti equamente. Per esempio, istituire comitati etici che includano cittadini può aiutare a valutare nuovi progetti di IA e mantenere la “fiducia pubblica” al centro dei processi decisionali.

Impatto ambientale: Infine, considerare anche l’impronta ecologica dell’IA. L’addestramento di grandi modelli e il funzionamento continuativo dei data center consumano molta energia. Le istituzioni sanitarie, che hanno come obiettivo la salute planetaria, dovrebbero dunque valutare quando l’uso dell’IA giustifica l’impatto ambientale e prediligere soluzioni a basso consumo (per esempio server alimentati da fonti rinnovabili). Questo approccio garantisce che anche le scelte tecnologiche siano coerenti con la missione di promozione della salute a livello globale.

Articolo originale: Panteli D et al. Artificial intelligence in public health: promises, challenges, and an agenda for policy makers and public health institutions. The Lancet Public Health 2025, Volume 10, Issue 5, e428 – e432



Foto di Ron Lach su Pexels

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