REPORT CONCLUSIVO SPOTT
Un documento snello, di più facile lettura e corredato di infografiche, guiderà il lettore a comprendere i principali risultati ottenuti dal Programma SPoTT nel periodo 2013-2019.
Analogamente con quanto accaduto con i metalli, anche gli idrossi-IPA (i metaboliti dei più noti idrocarburi policiclici aromatici) sono complessivamente diminuiti dopo 3 anni dall’avvio dell’impianto di incenerimento del Gerbido.
Sono questi i risultati riportati nell’ultimo rapporto SpoTT, l’undicesimo, scaricabile qui.
Il Rapporto, descrive i risultati delle analisi svolte nel giugno 2016 sulle urine di 357 residenti e allevatori dell’area intorno all’inceneritore (nei Comuni di Orbassano, Rivalta, Grugliasco, Beinasco), e di un gruppo di torinesi preso per confronto, concludendo che i valori di OH-IPA, a tre anni di distanza dall’avvio del termovalorizzatore, non indicano esposizioni attribuibili alle emissioni dell’impianto. Infatti, i livelli complessivi degli OH-IPA in studio così come i singoli metaboliti hanno andamenti simili in entrambe le ASL e un generale trend in diminuzione per quasi tutte le sostanze considerate (fanno eccezione il 3-idrossifenantrene e il 4-idrossifenantrene).
Anche per gli allevatori, nonostante il numero dei soggetti sia limitato, i valori riscontrati sono in linea con quelle ottenute sui residenti.
A tre anni dall’avvio dell’impianto non destano preoccupazioni i livelli di bioaccumulo di PCDD (policloro-dibenzo-p-diossine), PCDF (dibenzofurano policlorurato) e PCB (policlorobifenili) nei residenti intorno all’inceneritore di Torino.
I risultati sono relativi ai prelievi effettuati nel giugno 2016, tre anni dopo l’entrata in funzione dell’impianto, su un campione di circa 100 persone residenti in Torino e in alcuni comuni limitrofi (Orbassano, Rivalta, Grugliasco, Beinasco). In più sono stati coinvolti anche 13 allevatori con aziende situate in un raggio di 5 Km intorno all’impianto. Nel giugno del 2013, subito prima dell’entrata in funzione, si era svolto il primo controllo.
Confrontando i cittadini che abitano nelle aree più vicine all’inceneritore con quelli più lontani, non ci sono differenze statisticamente significative per PCDD, PCDF e PCB. Mentre, guardando l’andamento del tempo di queste sostanze, si osserva una loro diminuzione nei tre anni presi in esame.
Gli allevatori, come già nel 2013, confermano livelli più alti rispetto ai residenti, ma anche in questo caso c’è stata una diminuzione nel tempo.
Lo stato di salute generale, valutato attraverso un’ampia serie di esami ematochimici e urinari, risulta analogo tra i due gruppi coinvolti nello studio.
Durante i controlli sono state poste anche alcune domande sulla percezione del rischio: i residenti più vicini all’impianto si ritengono mediamente più a rischio per alcune patologie e mostrano una preoccupazione maggiore per la gestione dei rifiuti. Il personale sanitario resta il riferimento più affidabile per acquisire informazioni sulla salute e sull’ambiente.
Terminata la valutazione sullo stato di salute dei lavoratori del termovalorizzatore del Gerbido. Con il Report n. 9, presentato durante l'ultimo incontro del Comitato Locale di Controllo, vengono resi disponibili i risultati delle analisi sugli inquinanti organici: idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorobifenili (PCB) e diossine (PCDD/F).
Il monitoraggio sanitario sui lavoratori arriva dopo tre anni dal primo controllo, effettuato in fase di assunzione. Lo scopo è quello di capire se, dopo tre anni di lavoro, gli addetti risultano contaminati da inquinanti presenti in fumi e polveri del termovalorizzatore. Come ulteriore supporto allo studio sono state condotte due campagne di monitoraggio ambientale indoor per definire l’esposizione a inquinanti all’interno dell’impianto. Come già accaduto per i metalli (report SpoTT 7), anche le concentrazioni di IPA rilevate nelle urine dei lavoratori dopo tre anni dall’entrata in funzione dell’impianto, sono tutte sotto i limiti di esposizione professionale. Ulteriore conferma arriva dalle rilevazioni ambientali in impianto che hanno livelli simili o inferiori rispetto agli anni precedenti e quindi non evidenziano la presenza di un’esposizione professionale.
Il campione è composto da 35 lavoratori TRM, presenti all’apertura del termovalorizzatore e che continuano a lavorare dentro l’impianto. Analizzando i risultati a tre anni dall’assunzione, si riscontra che i livelli metaboliti urinari degli IPA (1-OH-IPA) sono stabili o tendenzialmente in diminuzione. Questi risultati sono attribuibili a componenti complesse di esposizione relative sia all’ambiente sia allo stile di vita. Relativamente a diossine e PCB, per i quali non esistono limiti di esposizione occupazionale, i livelli nel sangue dei lavoratori campionati risultano comunque paragonabili o inferiori rispetto a quelli misurati all’avvio dell’impianto.
Parallelamente, dato che le mansioni potenzialmente più esposte alle sostanze pericolose erano state prevalentemente affidate a imprese con contratti in appalto, sono stati coinvolti anche 26 lavoratori appartenenti a 4 imprese in appalto operanti continuativamente nelle aree potenzialmente più inquinate (avanfossa, area scorie, fossa rifiuti). I risultati per questi lavoratori, sono in linea con quelli riscontrati per i lavoratori TRM operanti sulle linee per tutti gli inquinanti organici analizzati.
La linea di biomonitoraggio sui lavoratori messa in atto dal programma SPoTT, dopo 4 anni di indagine, ha permesso di concludere che le variazioni nei livelli di inquinanti organici misurate nei lavoratori del termovalorizzatore di Torino, non siano causate in modo specifico dall’attività dell’inceneritore. Tali risultati sono coerenti con i pochi studi reperibili in letteratura internazionale. In base ai risultati ottenuti si ritiene che, in assenza di particolari emergenze ambientali, in futuro sia utile continuare ad avvalersi dei soli monitoraggi dell’aria in ambiente di lavoro come strumento di controllo delle esposizioni lavorative senza procedere a ulteriori monitoraggi biologici.
Il report 9, redatto dal Servizio Sovrazonale di Epidemiologia dell’Asl TO3 in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità e ARPA Piemonte, è l’ultimo dei documenti che riportano in modo completo i risultati dei diversi inquinanti nei lavoratori nelle tre fasi del Programma SPoTT e precede di qualche mese l’uscita di quello che sarà il report conclusivo dedicato ai valori di inquinanti organici nei residenti.
Per scaricare il report, per scaricare l'appendice allegata.
L’ottavo report SPoTT presenta i risultati delle determinazioni di 18 metalli nelle urine, e del piombo nel sangue, della popolazione residente e degli allevatori, dopo tre anni dall'entrata in funzione dell'impianto (T2) e suddivisi per le due aree di esposizione (esposti e non esposti). Tali risultati sono stati messi a confronto con quelli delle analisi precedenti, condotte prima dell’avvio (T0) e dopo un anno (T1).
Per quanto concerne il confronto tra i due gruppi di popolazione, sono emerse alcune differenze al T2 tra campione residente nei pressi dell’impianto e campione residente lontano dall’area di massima ricaduta; in particolare gli esposti presentano concentrazioni più alte di berillio, cromo e vanadio, mentre sono risultate più basse quelle di rodio, palladio e platino e antimonio.
Complessivamente, le concentrazioni dei metalli misurate al T2 sono largamente inferiori rispetto ai valori di riferimento individuati dai principali enti internazionali e sono comparabili, se non inferiori, a precedenti esperienze di biomonitoraggio documentate a livello nazionale e internazionale. Ventiquattro soggetti mostrano valori di uno o più metalli superiori ai valori di riferimento: per ognuno di essi sono in corso approfondimenti su altri fattori di esposizione (stili di vita, esposizione occupazionale, etc.) sulla base delle informazioni contenute nei questionari che rilevano caratteristiche e abitudini dei partecipanti allo studio.
Analizzando l’andamento nel tempo, si è osservata una riduzione significativa delle concentrazioni dei metalli nella popolazione in studio al T2 rispetto alle concentrazioni misurate al T0 per entrambe le aree di esposizione (vedi figura sottostante). Solo il platino e il rodio sembrano presentare una tendenza all’aumento, e solo nei soggetti che vivono nell’area di minor ricaduta (non esposizione). Tali metalli sono principalmente associati alle emissioni veicolari. Occorre, infatti, ricordare che l'area metropolitana di Torino è caratterizzata da un volume molto elevato di traffico che rappresenta una fonte di emissione localizzata rilevante per tutta la popolazione SpoTT.
Anche per gli allevatori, sia nel confronto temporale sia rispetto ai valori limite sopracitati, si osservano risultati analoghi a quelli dei residenti.
In conclusione, per quanto riguarda il quesito principale di sanità pubblica per cui è stato condotto lo studio, i risultati suggeriscono che le variazioni nelle concentrazioni urinarie ed ematiche di metalli riscontrate nella popolazione residente non sono associati all’attività dell’impianto in quanto, in entrambi i gruppi di popolazione, vi è una tendenza alla diminuzione dei valori dei metalli delle urine del T2 rispetto al T0. Tale diminuzione risulta maggiore negli esposti, o paragonabile tra le due aree per tutti i metalli in studio; ciò depone anche per una mancanza di associazione con l’area di ricaduta delle emissioni.
Per visualizzare il report, clicca qui.
Gli addetti al termovalorizzatore non presentano contaminazioni da metalli. Dopo tre anni dall’entrata in funzione, i livelli di metalli rilevati nelle urine degli addetti alle lavorazioni del termovalorizzatore sono tutti sotto i limiti di esposizione professionale. Questi dati sono ulteriormente confermati dalle rilevazioni ambientali in impianto che mostrano concentrazioni di metalli in aria inferiori al limite di rilevabilità strumentale e quindi non evidenziano la presenza di un’esposizione professionale.
Il presente report (Report SpoTT numero 7), redatto dal Servizio Sovrazonale di Epidemiologia dell’Asl TO3 in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità, è l’ultimo di sette documenti che riportano in modo esplicativo e completo i risultati dei diversi inquinanti determinati, nei residenti e nei lavoratori, nelle tre fasi del Programma SPoTT.
Il campione era composto da 35 lavoratori TRM, presenti all’apertura del termovalorizzatore e che continuano a lavorare dentro l’impianto. Analizzando i risultati a tre anni dall’assunzione, si riscontra che la maggior parte dei metalli indagati presenta concentrazioni significativamente più basse di quelle osservate precedentemente. Fanno eccezione il manganese, il platino e l’antimonio per cui i valori dell’ultimo sono più alti dei valori iniziali; questo trend in aumento è verosimilmente da attribuirsi a esposizioni complesse relative sia all’ambiente sia allo stile di vita.
Contestualmente, preso atto che le mansioni potenzialmente più esposte alle sostanze pericolose erano state prevalentemente affidate a imprese con contratti in appalto, si sono coinvolti anche 30 lavoratori appartenenti a 4 imprese in appalto operanti continuativamente nelle aree potenzialmente più inquinate (avanfossa, area scorie, fossa rifiuti). I risultati sono in linea con quelli riscontrati per i lavoratori TRM operanti sulle linee, eccetto per berillio e piombo che mostrano concentrazioni più elevate ancorché in linea a quelli segnalati in letteratura per lavoratori in altri impianti di incenerimento, ed arsenico, manganese e platino che rivelano invece concentrazioni inferiori.
Inoltre, sia per i 35 lavoratori TRM, sia per i 30 lavoratori delle ditte in appalto, tutti i metalli analizzati presentano concentrazioni inferiori ai valori limite di esposizione occupazionale.
In conclusione, dai risultati ottenuti, i tecnici ritengono che, in assenza di particolari emergenze ambientali, in futuro sia utile continuare ad avvalersi dei soli monitoraggi dell’aria in ambiente di lavoro come strumento di controllo delle esposizioni lavorative senza procedere a ulteriori monitoraggi biologici.
Per scaricare l'appendice con le analisi sui lavoratori dopo 3 anni dall'avvio
Per scaricare l'appendice con le analisi sui lavoratori delle aziende in appalto
Lo studio sugli effetti a breve termine si è posto l’obiettivo di valutare se gli sforamenti emissivi dell’impianto hanno causato, nei giorni immediatamente successivi, un maggior ricorso alle strutture ospedaliere di zona (misurato sia come numero di accessi al pronto soccorso che come numero di ricoveri). A tal fine ha adottato una metodologia innovativa ed articolata per questo tipo di impianti che si è sviluppata partendo da tre differenti approcci:
1. il confronto dei tassi standardizzati per età di accesso al Pronto Soccorso tra un periodo prima ed uno successivo all'avvio dell'impianto;
2. l'eventuale relazione tra i picchi emissivi rilevati a camino di alcuni inquinanti e metalli e gli accessi al Pronto soccorso nella popolazione residente nell’area
di massima ricaduta nei 5 giorni successivi.
3. la presenza di variazioni negli accessi al Pronto Soccorso e nei ricoveri ospedalieri prima e dopo l’avvio dell’impianto, tra due periodi di 27 mesi di pari durata, con analisi di serie temporali in relazione all’andamento quotidiano delle concentrazioni di NO2.
Lo studio conclude che tutte le analisi effettuate non evidenziano in conclusione un effetto significativo a breve termine dell’impianto di incenerimento dei rifiuti.
I risultati sugli effetti a breve termine sono riportati nel report 6, scaricabile quì.
Disponibile la relazione ARPA Piemonte sulle analisi indoor effettuate in differenti aree del termovalorizzatore. I campionamenti sono avvenuti tra marzo e aprile 2017, in concomitanza con l’ultima fase del biomonitoraggio sui lavoratori.
Sostanzialmente viene confermata la presenza in tracce di molti inquinanti monitorati (es. SOV, metalli, biossido di zolfo…). Tuttavia alcuni prelievi hanno mostrato situazioni di attenzione: in particolare le aree coinvolte nella movimentazione scorie, ovvero del rifiuto rimasto dopo la combustione, presentano valori decisamente più elevati rispetto ad altre aree dell’impianto per ammoniaca, IPA, PCB e diossine (come sommatoria). Tali valori confermano le criticità già esposte dopo le analisi indoor del 2016 relativamente ad alcune mansioni svolte principalmente in tali locali.
Pubblicato il report 5 che illustra i risultati delle determinazioni dei principali metaboliti ossidrilati di IPA (OH-IPA) in campioni di urina raccolti al T1 e li confronta con quelli relativi ai campioni di urina raccolti al T0.
Nel periodo giugno-settembre 2014 i partecipanti alla prima fase dello studio sono stati richiamati e la maggior parte di essi (96 %) ha accettato di partecipare anche alla seconda fase (T1). Il campione, rappresentativo della popolazione residente da almeno 5 anni, comprendeva 198 persone dei comuni di Beinasco, Grugliasco, Orbassano e Rivalta in un’area prossima all’inceneritore interessata dalle ricadute prevalenti di metalli e diossine (nel territorio dell’ASL To3) e 196 persone residenti nei quartieri sud del comune di Torino in un’area situata al di fuori delle ricadute prevalenti previste di metalli e diossine (nel territorio dell’ASL To1). Sono stati analizzati anche i campioni di 14 allevatori che risiedevano e svolgevano la propria attività lavorativa in aziende prossime al termovalorizzatore.
Nel complesso i residenti nel territorio dell’ASL To3 e quelli dell’ASL To1 presentano livelli di idrossi-IPA confrontabili. Differenze statisticamente significative si evidenziano solo per l’1-idrossifenantrene (1-OH-PHEN) e per il 3-idrossifenantrene (3-OH-PHEN) che, tuttavia, forniscono un contributo non rilevante (4%) alla somma degli OH-IPA analizzati.
L’analisi delle concentrazioni urinarie di OH-IPA nel campione di popolazione studiata, a un anno di distanza dall’avvio del termovalorizzazione di Torino, non indica effetti apprezzabili ascrivibili alle emissioni dell’impianto. Infatti, i livelli complessivi degli OH-IPA in studio così come quelli relativi ai singoli metaboliti presentano in entrambe le ASL, dopo un anno dall’entrata in funzione dell’inceneritore, concentrazioni significativamente più basse di quelle precedentemente osservate. Tale riduzione, analogamente a quella riscontrata per i metalli urinari, è da ascrivere almeno in parte alla diminuzione delle concentrazioni di particolato atmosferico verificatesi tra i due periodi, legata a fattori meteorologici differenziali. Anche una maggiore attenzione negli stili di vita (in particolare la diminuzione dell’abitudine al fumo) può concorrere a spiegare i risultati ottenuti.
I valori riscontrati sul gruppo di allevatori sono in linea con quelle ottenute sui residenti, nonostante il numero dei soggetti sia limitato.
Per scaricare il report 5.
Il Report 4 riporta i risultati dello stato di salute e dei livelli di concentrazioni di 19 metalli, IPA, diossine e PCB su un gruppo di dipendenti TRM e un gruppo di lavoratori di un’impresa incaricata della fase di avvio, per un totale di 55 soggetti.
I risultati delle analisi effettuate dopo un anno di attività lavorativa presso l’impianto, permettono di fare confronti con i valori riscontrati prima dell’avvio dell’impianto e di iniziare a fare alcune considerazioni. La maggior parte dei 18 metalli urinari e il piombo nel sangue presentano oggi concentrazioni più basse di quelle osservate inizialmente e questo sia per i lavoratori impegnati sulle linee di incenerimento sia per il personale amministrativo e dirigenziale. Come anche osservato nella popolazione residente vicino all’impianto, soltanto il cromo presenta una tendenza all’aumento ad un anno dall’avvio ma questi risultati non sono attribuibili all’ambiente di lavoro: le misurazioni effettuate in aria dentro l’impianto rilevano una concentrazione di metalli in tracce, uguale al fondo d’area o sotto i limiti di rilevabilità. La situazione è quindi analoga a quello dei residenti e potenzialmente legata ad una diminuzione delle emissioni in aria di particolato e una maggiore attenzione nelle abitudini alimentari e stili di vita (es. fumo).
L'allegato A con le analisi descrittive.
L'allegato B con i risultati del T0.
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